La Cassazione civile, sez. I, con sentenza n° 25458 del 10 Ottobre 2019, ha stabilito che in tema di concordato preventivo, rientrano tra gli atti di frode, rilevanti ai fini della revoca dell’ammissione alla procedura ai sensi dell’art. 173 l.fall., i fatti taciuti nella loro materialità ovvero esposti in maniera non adeguata e compiuta, aventi valenza anche solo potenzialmente decettiva nei confronti dei creditori, a prescindere dal concreto pregiudizio loro arrecato.

Nel caso in esame, la Suprema Corte ha affermato che l’omessa indicazione nella proposta concordataria del contenzioso pendente nei confronti della società proponente, per un valore economico significativo, può costituire atto di frode.