Cassazione annulla assoluzione per “vis grata puellae”: un importante precedente nella lotta contro la violenza sessuale
Con la recente sentenza n. 13222 del 2 aprile 2024, la Corte di Cassazione ha annullato l’assoluzione di un uomo accusato di violenza sessuale, condannando l’utilizzo della obsoleta e pericolosa massima “vis grata puellae”.
I fatti del caso
La vicenda riguardava un uomo imputato per aver violentato una donna all’interno di un furgone in zona isolata durante la notte. La donna ha descritto di essere rimasta inerme e paralizzata durante gli abusi, sia durante i primi atti all’interno del furgone, sia quando, rimasta da sola all’interno dell’auto dell’aggressore con gli sportelli aperti, non ha tentato la fuga.
La sentenza della Corte d’appello
Basandosi sull’assenza di una reazione fisica e di segni esterni di violenza da parte della donna, la Corte d’appello ha assolto l’uomo, ritenendo che la sua condotta non fosse stata coercitiva. La Corte ha richiamato la massima “vis grata puellae”, secondo cui la mancanza di resistenza fisica può essere interpretata come consenso all’atto sessuale.
L’intervento della Cassazione
Cassazione annulla assoluzione per “vis grata puellae”. La Cassazione ha duramente criticato l’utilizzo della “vis grata puellae”, definendola “incompatibile con la moderna concezione del reato di violenza sessuale” e “inaccettabile in una società evoluta”. La Corte ha chiarito che la mancanza di una reazione fisica o di tentativo di fuga da parte della vittima non è sufficiente ad escludere la configurabilità del reato.
Le implicazioni della sentenza
La sentenza della Cassazione rappresenta un passo avanti fondamentale nella lotta contro la violenza sessuale. La Corte ha riaffermato il principio secondo cui il consenso all’atto sessuale deve essere libero, esplicito e consapevole. L’assenza di una reazione fisica o di resistenza non può mai essere interpretata come consenso.
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