L’avviamento commerciale può esser definito come la capacità dell’impresa di produrre utili che in concreto può dipendere da una molteplicità di fattori tra i quali spicca:
1) la stabilità della clientela che l’impresa ha acquisito nel corso del tempo in virtù dei rapporti commerciali e contrattuali intrattenuti;
2) la collocazione del suo prodotto sul mercato;
3) la particolare ubicazione territoriale.
Detto avviamento ha ricevuto, nella maggior parte dei casi, una tutela indiretta, nel senso che il legislatore se ne è occupato nel momento in cui ha dato vita ad un sistema di norme che direttamente sono andate a tutelare e disciplinare la concorrenza tra imprenditori.
Nel corso del tempo, però, l‘importanza assunta dalla necessità di tutela del conduttore, in caso di cessazione dell’attività dovuta a scadenza del contratto di locazione, ha fatto in modo che il legislatore si occupasse della perdita dell’avviamento in modo più esplicito e diretto, creando pertanto un sistema normativo il cui cardine è attualmente imperniato sull’art. 34 della legge 392/78.
La legge 392/78 – legge sull’Equo Canone –  ha introdotto nell’ordinamento giuridico un sistema di norme volte a regolamentare la complessa materia delle locazioni di immobili urbani adibiti  ad uso abitativo ovvero commerciale.
Nel delineare l’ambito di applicazione di detta legge, relativamente alla parte della stessa relativa alle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, l’art. 27 stabilisce che sono da considerarsi tali tutti quegli immobili all’interno dei quali vengono esercitate attività di:
industria, commercio ed artigianato;
attività di interesse turistico comprese tra quelle di cui all’art. 2 della l. 326/1968.
La legge fissa dunque in 6 anni la durata minima dei contratti di locazioni di immobili in cui vengano svolte attività di industria, commercio ed artigianato ed in 9 anni la durata minima dei contratti di locazione aventi ad oggetto attività alberghiere.
Proprio relativamente alla durata, il legislatore, nello stabilire che “l’obbligo del locatore ha la durata massima di 6 o 9 anni” si è posto in un’ottica maggiormente garantista per il conduttore, soprattutto ne momento in cui, all’art. 28, ha stabilito la rinnovazione tacita dello stesso se il locatore non ne abbia dato disdetta 12 o 18 (a seconda del tipo di attività di cui trattasi) mesi prima della prima scadenza.
Tale “diniego di rinnovazione” deve essere esercitato mediante l’invio di una lettera raccomandata ed è esercitatile – alla prima scadenza – solo nei casi tassativamente individuati all’art. 29 della legge de quo.
Ponendosi in questa ottica garantista, il legislatore ha poi stabilito che, nel caso di mancata rinnovazione del contratto di locazione non imputabile ad atti o fatti del conduttore o ad una delle procedure di cui al Regio Decreto 267/1942, lo stesso abbia “diritto per le attività indicate ai numeri 1 e 2 dell’art. 27, ad un’indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto; per le attività alberghiere pari a 21 mensilità”.
Detta norma, la cui rubrica è ”indennità per la perdita di avviamento”, è finalizzata a predeterminare il danno presunto che il conduttore subisce per il mutamento di sede dell’attività connesso alla scadenza del contratto.
Tale trasferimento, infatti, comporta disagio e costi notevoli che necessariamente debbono esser compensati – in conseguenza della cessazione del contratto di locazione – a prescindere dall’esistenza di un danno in concreto.
Sul punto, la giurisprudenza maggioritaria ritiene infatti che: “ il diritto del conduttore di un immobile locato per uso non abitativo all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, compete indipendentemente dalla prova in concreto dell’avviamento e della perdita, avendo il legislatore stabilito un obbligo di corresponsione dell’indennità con una valutazione fondata sull’ “id quod plerumque accidit”, per cui il giudice di merito non è tenuto a compiere ulteriori indagini” (sentenza 15821/2005 Cassazione Civile, Sez. III) ed ancora “l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale è dovuta ope legis al conduttore, prescindendo da qualsiasi accertamento circa la perdita ed il danno che il conduttore abbia subito in concreto in conseguenza del rilascio”(Cass. Civ. Sez. III n°6876 del 6.5.2003; Cass. Civ. Sez. III n°12279 del 16.9.200, Cass. Civ. Sez. III n°14461/2005).
L’indennità per la perdita di avviamento è, pertanto, un’obbligazione legale in quanto è la legge stessa che espressamente la prevede e ne determina la misura per la quale il locatore non può chiedere di subordinarne l’adempimento alla dimostrazione del valore commerciale dell’avviamento, ovvero del nocumento arrecato all’attività commerciale.
Per completezza, non si può comunque tacere la presenza di un orientamento minoritario (Tribunale Bologna 17 marzo 2003 e Tribunale di Roma 18 febbraio 1998) che ha sostenuto che l’indennità di avviamento è dovuta solo a seguito di una prova concreta del danno cagionato all’esercente.
Il diritto all’indennità di avviamento, presuppone, in ogni caso:
l’esistenza di un contratto di locazione ad uso diverso dall’abitativo che cessi per disdetta del locatore e non per recesso od inadempimento o altro fatto del conduttore. Anche la risoluzione consensuale, pertanto, esclude il diritto del conduttore all’avviamento. (Cass. Civ. SS.UU. 27 febbraio 1995 n°2231) e così anche la morosità o l’inadempimento del conduttore, escludono il diritto all’indennità e la cessazione dell’attività d’impresa del conduttore non in conseguenza della cessazione del contratto locativo, ma per fallimento o altra procedura concorsuale.
che l’attività svolta dal locatore comporti contatti diretti con il pubblico di utenti e di consumatori.
L’art. 35 della legge stabilisce infatti che: “ le disposizioni di cui all’art. precedente, non si applicano in caso di rapporti di locazione relativi ad immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che non comportino contatti diretti con il pubblico nonché destinati all’esercizio di attività professionali ed attività di carattere transitorio, ed agli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti…”.
Con l’espressione “contatti diretti con il pubblico” secondo la giurisprudenza della Cassazione, deve intendersi quello svolgimento dell’attività che contempli la frequentazione dei locali da parte della generalità dei destinatari finali del prodotto, escludendo da tale ipotesi i locali adibiti ad esposizione in cui il pubblico non possa accedere od acceda solo se accompagnato (Cass. Civ. Sez. III n°20960 del 27.9.2006).
Il I comma dell’art. 34 prevede, pertanto, il diritto per l’esercente ad un’indennità, per la perdita dell’avviamento, pari a 18 mensilità ciascuna di importo equivalente al valore dell’ultima mensilità corrisposta.
Il  comma dell’art. 34 della legge 392/78 prevede, inoltre, una ulteriore indennità – pari all’importo di quelle previste precedentemente – spettante al conduttore nel caso in cui l’immobile venga, da chiunque, adibito all’esercizio della stessa attività o di attività incluse nella stessa tabella merceologica, che siano affini a quella esercitata dal conduttore uscente ed ove il nuovo esercizio venga iniziato entro un anno dalla cessazione del precedente.
Detta norma è volta a compensare l’ulteriore perdita subita dal conduttore per effetto della destinazione dei locali alla medesima attività, con il conseguente vantaggio derivante al  locatore dall’utilizzazione dell’avviamento commerciale del conduttore uscente.
Il diritto a questa indennità ulteriore sorge solo quando si accerti che il nuovo esercizio sia del tipo di quello previsto secondo una valutazione di affinità e di identità della nuova attività riservata al giudice di merito e non censurabile in Cassazione. (Cass. Civ. Sez III n°16690/2002).
L’indennità di cui al I comma deve essere corrisposta al conduttore prima di dare esecuzione al provvedimento di rilascio dell’immobile, che è condizionato all’avvenuto pagamento mentre l’indennità dovuta per l’esercizio di attività identica od affine (II comma) deve essere corrisposta al momento dell’inizio del nuovo esercizio.
Il terzo comma dell’art. 34 stabilisce, inoltre, che l’esecuzione del provvedimento del rilascio è subordinata all’avvenuta corresponsione dell’indennità.
La Cassazione Civile con sentenza n°19322 del 27.9.2004 ha affermato infatti che: “ Il conduttore di un immobile urbano adibito ad uso diverso da quello abitativo al quale, alla cessazione del rapporto non sia stata corrisposta l’indennità di avviamento commerciale di cui all’art. 34 l. 392/78, non ha un mero diritto di ritenzione dell’immobile, ma può legittimamente proseguire ad esercitare nell’immobile l’attività economica per la quale l’aveva preso in locazione, dietro pagamento del solo corrispettivo per la locazione”.
L’obbligazione di pagamento dell’indennità e quella di rilascio dell’immobile sono in un rapporto di reciproca dipendenza, in quanto ciascuna prestazione è inesigibile in difetto di contemporaneo adempimento dell’altra, con la conseguenza che la Legge, subordinando il rilascio dell’immobile al pagamento dell’indennità, specularmene condiziona il pagamento dell’indennità al rilascio.
avv. Francesco Innocenti
avv. Natalie De Cintio