La carriera di lui giustifica l’aumento dell’assegno divorzile a favore di lei disoccupata.
La Corte di Cassazione civile, sez. I, con ordinanza 23 novembre 2023, n. 32610, ha stabilito che il riconoscimento dell’assegno divorzile richiede una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti. Tale valutazione deve tenere conto del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune. Inoltre, anche di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.
Nella specie la Corte di merito non ha illustrato l’effettiva situazione patrimoniale e reddituale del marito in relazione alla quale, l’assegno andava quantificato, previo raffrontato con le contrapposte condizioni economiche dell’ex coniuge, e non ha chiarito come sia pervenuta alla quantificazione complessivamente assunta e in che misura le differenti voci (assistenziale, compensativa, perequativa) abbiano inciso nella sua determinazione.
Facciamo una distinzione.
La carriera di lui giustifica l’aumento dell’assegno divorzile a favore di lei disoccupata, abbiamo detto. L’assegno di mantenimento (quello cioè che spetta dopo la separazione) mira a preservare nel coniuge col reddito più basso lo «stesso tenore di vita» che aveva durante il matrimonio. Questo vuol dire che se prima la moglie poteva permettersi determinati vestiti, dovrà poterlo fare anche dopo (tenendo conto comunque delle maggiori spese che incontrerà anche il marito).
A conti fatti significa che lo stipendio più elevato perde una consistente fetta. Quindi tanto più è elevato il reddito di uno dei due coniugi, tanto più alto sarà il mantenimento. L’assegno di divorzio invece (quello cioè che spetta dopo il divorzio) mira a garantire al coniuge col reddito più basso solo l’autosufficienza economica, ossia la possibilità di mantenersi, a prescindere dall’entità dello stipendio dell’ex.
Ad esempio, se in una città di medie dimensioni si può vivere con mille euro al mese, tale sarà il mantenimento per una donna disoccupata anche se il marito ne guadagna diverse decine di migliaia. Le Sezioni Unite della Cassazione però hanno detto che, in tale quantificazione, bisogna comunque tenere conto dell’apporto che la moglie ha dato alla ricchezza della famiglia e del marito: se cioè questa, rinunciando a lavorare, si è dedicata alla casa e ai figli, consentendo al marito di fare carriera, le sarà dovuto un assegno di certo superiore alla semplice “sopravvivenza”; e ciò proprio perché l’uomo si è avvantaggiato, per tutti gli anni della convivenza, del lavoro domestico della donna.
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