La Corte di Cassazione civile, con sentenza n. 524/2023, ha stabilito che il lavoratore dipendente, quale creditore sotto condizione del TFR, è senz’altro legittimato, anche se il rapporto di lavoro non è ancora formalmente cessato, alla proposizione dell’azione finalizzata alla revoca ordinaria dell’atto di disposizione patrimoniale con il quale il datore di lavoro, che è il debitore della somma fino a quel momento maturata, pregiudica, come richiesto dall’art. 2901, comma 1, c.c., le relative ragioni. il curatore può agire, in caso di fallimento del datore, a norma dell’art. 66 l.fall., per la revoca dell’atto di disposizione compiuto dal debitore poi fallito allegando e dimostrando che la pretesa al trattamento di fine rapporto di uno o più dipendenti dello stesso, se e nella misura in cui sia effettivamente maturata in epoca anteriore all’atto impugnato (ancorché inesigibile perché il relativo rapporto di lavoro era in quel momento ancora in corso di svolgimento), era stata pregiudicata dal suo compimento.